Demand planning nel Retail: perché l'AI fa la differenza nel minimizzare le rotture di stock

Demand Planning per il Retail

La Customer Experience è uno dei pillar per lo sviluppo del Retail, e la disponibilità della merce a scaffale o nel sito eCommerce è il punto di partenza dell’esperienza d’acquisto. Il prodotto giusto, al momento giusto, nel posto giusto: per assicurare che ciò avvenga è necessario prevedere le richieste dei clienti in modo che le scorte siano adeguate e non si verifichino casi di stockout. Il Demand Planning è, perciò, fondamentale: se il prodotto non è disponibile, la vendita non avviene e il cliente si rivolge a un altro fornitore, con conseguenze evidenti sui profitti e sull’affidabilità del retailer. Non è casuale, dunque, che le ricerche di settore mostrino che il mercato del software e dei servizi per il Demand Planning passerà da 2,8 miliardi di dollari del 2018, a 6,8 miliardi di dollari del 2028, con un tasso di crescita composito (CAGR) del 10,8% anno su anno. In tale contesto, l’Artificial Intelligence può contribuire in modo significativo a rendere più affidabili le stime fornite dal Demand Planning. Vediamo perché.

Demand Planning: il punto di partenza

Sono innumerevoli le variabili che concorrono a determinare la richiesta di un prodotto. Si pensi, ad esempio, alle diverse informazioni da combinare per rifornire i diversi retailer, quali, ad esempio, un supermercato, uno store di Home & Garden o un e-Commerce di elettronica di consumo:

  • storico delle vendite;

  • stagionalità;

  • caratteristiche socio-anagrafiche del target;

  • campagne di promozione;

  • eventi locali o influenze social;

  • flussi turistici;

  • calendario e festività.

A tali informazioni occorre aggiungere anche informazioni in tempo reale, quali, ad esempio, i dati Google Trends o gli insights social. Tali informazioni hanno, inoltre, una frequenza di aggiornamento elevata (a volte anche giornaliera). A tale complessità si aggiungono, infine, i fattori di contesto di ogni azienda: il lead time (tempo che intercorre tra la richiesta di rifornimento e l’arrivo della merce sullo scaffale o in magazzino); le sfide logistiche derivanti dall’elevato numero di SKU – Storage Keeping Unit; infine, la gestione delle date di scadenza per i retailer del Food & Beverage.

È un numero di informazioni estremamente elevato, e la loro azionabilità è possibile solo grazie a strumenti di Artificial Intelligence e Machine Learning. Tali algoritmi consentono, infatti, di combinare grandi moli di dati , individuare modelli di comportamento (pattern) ed effettuare un’analisi predittiva delle richieste del mercato. Grazie all’Artificial Intelligence, il Demand Planning può passare, quindi, da un approccio reattivo, basato sull’analisi di pochi dati storici, a un approccio preventivo, fondato sul customer journey.

AI per il Demand Planning: 3 step fondamentali

L’implementazione degli algoritmi di Artificial Intelligence e Machine Learning rappresenta un salto di qualità inedito per il Demand Planning, che richiede un approccio strategico e strutturato da parte dell’azienda. Il processo da istituire è composto da 3 step:

  1. Raccolta e analisi dei dati. La Data Governance  è cruciale in quanto alimenta le basi informative su cui fondare le decisioni predittive. Le diverse sorgenti confluiscono nel Datalake aziendale. È fondamentale garantire la qualità dei dati attraverso modelli che garantiscano, tra l’altro, la conformità alle normative di riferimento, che in settori come il Food & Beverage è particolarmente rigorosa.

  2. Implementazione di AI e ML. La precisione delle previsioni è fortemente dipendente dalla quantità e rappresentatività dei dati con cui si istruiscono i modelli. Nel Retail e nella grande distribuzione ciò equivale a predisporre dataset che corrispondano alle situazioni il più diverse possibili (ampiezza e differenza delle variabili di contesto). L’addestramento non è, infatti, un’operazione una tantum, ma un processo iterativo (scelta dei modelli, definizione delle metriche, ecc.) al fine di individuare i pattern e scoprirne i nuovi in modo continuativo.

  3. Monitoraggio e adattamento. Il feedback continuo è necessario per adattare le analisi e raffinare le previsioni. I modelli di AI e ML devono essere osservati in modo costante per garantirne l’affidabilità nel tempo. I comportamenti dei clienti possono essere fortemente variabili e l’affidabilità può essere compromessa. Il monitoraggio continuo è in grado di individuare le deviazioni, e i feedback permettono di alimentare i modelli per assicurarne l’attendibilità. Anche in questa fase è critica la Data Governance, tanto negli aspetti tecnologici (scelta della piattaforma), quanto in quelli organizzativi (strutturazione del team, selezione degli strumenti, ecc.)

Lo stockout può essere un punto di non ritorno per il retailer. Una ricerca dell’Osservatorio Omnichannel Customer Experience del Politecnico di Milano, relativa alle esperienze di acquisto, mostra dati molto chiari: per il 57% dei consumatori, l’esperienza negativa comporta l’abbandono del brand. Con un effetto domino: nel 38% dei casi, l’esperienza negativa è raccontata alla propria cerchia. L’implementazione di tecnologie avanzate non è, nei fatti, una innovazione fine a sé stessa, ma la possibilità di garantire il business dell’azienda e il suo sviluppo futuro.