Magazine / Employee Experience 21 dicembre 2022

Gestione smart working: come far lavorare bene i dipendenti ovunque

Secondo le stime dell’Osservatorio sullo Smart working del Politecnico di Milano, oggi, sono oltre quattro milioni i lavoratori italiani che operano da casa. Prima della pandemia ne erano stati censiti 570mila. Dopo il grande esperimento di lavoro a distanza vissuto nei mesi del lockdown, dunque, le organizzazioni hanno dovuto adattarsi e ripensare la propria gestione dello smart working.

Conclusa la corsa iniziale a dotarsi di computer portatili e connettività locale, le imprese hanno iniziato a concentrarsi sulle modalità operative, alla ricerca delle soluzioni migliori per garantire sicurezza nelle operazioni ed efficienza dei processi. Ora che molti dipendenti operano da remoto almeno per una porzione del proprio orario di lavoro, innovare metodologie e strumenti di lavoro è diventato un imperativo per le imprese.

Secondo il report di McKinsey “The new digital edge”, il 65% delle aziende ha aumentato i fondi dedicati alla digitalizzazione. Due aziende su tre sono consapevoli del fatto che entro la fine del 2023 dovranno pensare a un nuovo modello di business digitale per rimanere economicamente profittevoli e sono decise a investire in tecnologie che rendano i dipendenti soddisfatti, efficienti e più produttivi.

 

Incentivare la collaborazione tra colleghi nella gestione dello smart working

L’interazione è considerata una priorità, insieme con la disponibilità di una tecnologia adeguata a restare connessi con colleghi, clienti e partner. Lo confermano i risultati di una ricerca condotta da Deloitte tra le aziende che hanno abbracciato il lavoro da remoto: secondo le organizzazioni intervistate, dotare i propri lavoratori di una tabella di marcia lavorativa flessibile (82%) e fornire agli impiegati dei tool di supporto al lavoro da remoto (67%) sono tra gli elementi prioritari per garantire la continuazione delle attività lavorative al massimo dell’efficienza

In questo contesto, diventa, quindi, essenziale mettere a disposizione dei dipendenti strumenti di collaborazione efficaci, oltre che affiancarli nel cambiamento culturale, per evitare che il lavoro a distanza riduca l’engagement e, di conseguenza, la produttività dei lavoratori.

L’ultimo report dell’Osservatorio del Politecnico ha riscontrato, infatti, un impatto negativo dello smart working sulla partecipazione alla vita aziendale, con solo il 7% di persone che si è sentito pienamente ingaggiato. Affidarsi a soluzioni efficaci di collaboration, communication e conferencing facilita i momenti di confronto ed evita il rischio di isolamento di chi lavora a distanza.

 

Garantire accessibilità alle informazioni

Le moderne piattaforme, d’altronde, sono in grado di rendere l’esperienza di lavoro a distanza produttiva e coinvolgente, sia per i dipendenti sia per l’organizzazione, rendendo le risorse aziendali disponibili anche in mobilità. Permettono di creare un vero e proprio link tra l’ufficio e la postazione ‘casalinga’, superando l’isolamento, consentendo l’accesso ai sistemi, il coordinamento dei team e lo scambio protetto di dati e informazioni.

Con il lavoro remoto e ibrido, i dipendenti interagiscono prevalentemente con colleghi, fornitori e clienti attraverso la tecnologia. Ma gli strumenti di interazione non bastano, occorre anche mettere a disposizione degli utenti applicazioni e dati. In altre parole, si tratta di restituire al dipendente che opera a distanza l’intero “universo aziendale”, indipendentemente dal luogo o dal dispositivo utilizzato.

È il concetto di digital workplace che sta prendendo sempre più piede nelle organizzazioni moderne. Consiste nel racchiudere in poche e semplici soluzioni tutto ciò di cui il lavoratore ha bisogno, in modo da assicurare la stessa employee experience, qualunque sia la postazione e ovunque risiedano i dati. Le nuove soluzioni, infatti, si integrano con i sistemi aziendali in modo rapido, semplice e intuitivo.

 

Mantenere la sicurezza di dati e dispositivi nella gestione dello smart working

Accanto alle esigenze di collaborazione e condivisione di informazioni e documenti necessari per lo svolgimento del lavoro a distanza, c’è però anche una necessità di sicurezza e protezione dei dati. Forrester ha calcolato che ben il 74% delle organizzazioni colpite da attacchi informatici ne attribuisce la responsabilità alle vulnerabilità tecnologiche del lavoro remoto. Per operare bene anche in smart working occorre, infatti, ridisegnare gli standard di protezione che non sono più limitati al perimetro aziendale, ma si spostano verso un nuovo paradigma.

Secondo il modello tradizionale i dispositivi e le applicazioni che si usano in azienda sono, infatti, soggetti a continuo monitoraggio da parte dell’IT, per prevenire eventuali attacchi informatici, mentre le persone che lavorano da casa potrebbero essere esposte a un rischio maggiore. Anzi, potrebbero diventare essi stessi porta d’accesso di virus o malware capaci di compromettere il sistema informatico aziendale e causare la perdita di dati. Dal punto di vista della sicurezza, ciò richiede una revisione complessiva delle policy e degli strumenti per mitigare al meglio i rischi, spostando il perimetro di sicurezza sulle identità e su come queste eseguono l’accesso alle risorse e ai dati aziendali, indipendentemente da dove esse si trovino.

Ecco perché le soluzioni utilizzate per il lavoro da remoto devono essere dotate di funzionalità di sicurezza avanzate, che permettano di collaborare e condividere informazioni in modo sicuro. Oltre alle funzionalità di base – antiphishing, antispam e antimalware – è necessario affidarsi a soluzioni che proteggono endpoint, dati e identità degli utenti, in modo da gestire efficacemente gli accessi e lo scambio di informazioni.

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