Application performance management, ecco gli scenari del futuro

shutterstock_795017047

Il futuro dell’APM (Application Perfomance Management) dipende dalla complessità delle attuali infrastrutture informative. Per questo si sposterà sempre di più dalla tradizionale funzione di monitoraggio verso la garanzia di una user exeperience end-to-end di qualità. Tale metamorfosi è dettata dalla trasformazione del parco applicativo che, se prima risiedeva in gran parte sull’on premise, oggi è distribuito tra sistemi legacy installati in locale, applicazioni in cloud, microservizi ecc. Una fluidità che assegna all'application performance management un ruolo strategico nel quale si combinano le classiche metriche di controllo sul funzionamento dell’applicazione all’interno di server e web server a indicatori che riguardano tempi di risposta, disponibilità, facilità d’uso e interazione con i device degli utenti. In una parola, quel concetto di user experience a cui si accennava all’inizio, un concetto tanto importante perché non interessa soltanto i clienti dell’azienda, ma anche gli stessi dipendenti e collaboratori.

 

Application performance management e UX

Che si tratti, perciò, di customer experience o di employee experience, il futuro dell’APM si gioca nell’assicurare una soddisfazione piena a quanti utilizzano le applicazioni core di un’azienda. Con una particolare attenzione sull’esperienza dei clienti che, riscontrando problemi continui (interruzioni, servizi poco user-friendly, indisponibilità ricorrente ecc.), potrebbero optare per la concorrenza. Quindi un'attività di application performance management performante costituirà sempre di più un vantaggio competitivo rispetto ai competitor. Senza dimenticare che anche l’impatto interno sui lavoratori ha ricadute in termini di qualità delle prestazioni, livello di produttività e percentuale di retention. Ne consegue un nuovo ridisegno dei modelli di analytics con i quali le aziende estrapolano solitamente informazioni dai sistemi di monitoraggio e un insieme di KPI (Key Performance Indicator) in grado di offrire un quadro semplice e immediato, ma completo, a fronte di architetture eterogenee e interconnesse. L’APM del futuro, quindi, deve riuscire ad attraversare i vari layer applicativi così da fornire la chiave in caso di criticità che possono interessare uno o più nodi dell’infrastruttura.

 

Application performance management del futuro: dal singolo al generale

Per ottenere questi risultati a favore della user experience, l'APM tende a caratterizzarsi ormai come uno strumento che, oltre a focalizzarsi sul singolo dato proveniente da ciascuna delle componenti considerate, deve contestualizzarlo in una visione globale. Una moderna soluzione APM, dunque, possiede sia la capacità di analizzare ambiti specifici dell’infrastruttura sia quella di integrarsi, in genere tramite API, con le piattaforme esterne utilizzate dall’azienda. Con il vantaggio, rispetto al passato, che gli attuali fornitori di application performance management operano con un taglio progettuale molto più agile. Strumenti di questo genere, fino a qualche anno fa, richiedevano tempi di implementazione molto lunghi (e costi assai elevati). L’evoluzione in questo settore, invece, con la conseguente maturità raggiunta dalle soluzioni di Application Perfomance Monitoring, fa sì che nel giro di circa un mese si riesca a introdurre in azienda un sistema APM che tenga conto della situazione complessiva e vi risponda secondo le attese.

 

Machine learning per un monitoraggio a misura di user experience

C’è, infine, un ultimo elemento (ma non certo per importanza) da sottolineare a proposito dell’APM futuro in cui si incarna questa transizione dal monitoraggio dell’infrastruttura alla user experience. È l’adozione nativa degli algoritmi di machine learning in ottica di predictive analysis. Poiché, infatti, la tempistica nella risoluzione di un problema contribuisce a determinare fattori come l’engagement, che misura la reale quota di soddisfazione dell’utente, l'application performance management deve tenerne conto. E lo fa, rendendo automatica l’identificazione di alcuni snodi che possono peggiorare la user experience. Una identificazione che anticipa, in alcuni casi, l’insorgenza di un problema fino ad annullare l’eventualità che si presenti. E comunque, anche nell’ipotesi in cui questo non sia fattibile, mette in condizione i ruoli aziendali deputati allo scopo di intervenire nel minor tempo possibile. Affinché una prestazione applicativa poco performante non diventi inefficiente in maniera cronica, non basta più monitorarne i singoli elementi oggettivi di funzionamento, ma bisogna agire tenendo sempre più conto della percezione dei suoi diversi utilizzatori.

New call-to-action