Il Big Data Management è lo strumento più importante in mano alle imprese: dopotutto, se questi dati sono stati definiti "il nuovo petrolio" c'è un ottimo motivo. La consapevolezza dell’importanza del dato è infatti un pilastro delle strategie data-driven, qualcosa che tutte le imprese dovrebbero implementare. Secondo l’Osservatorio Modelli di Governance per la Data Science del Politecnico di Milano, nel 2018 le aziende che si sono dotate di una strategia matura di governance del dato sono salite dal 17% al 31%.
Il 55% delle grandi aziende, però, si trova ancora in una situazione tradizionale e non ha ancora predisposto una corretta strategia data-driven: ha fatto il primo passo, ma non sa come proseguire o non ha ancora gli strumenti tecnologici e umani per farlo. L’Intelligent Data Management parte da qui: diversificare le fonti dei dati e saper riconoscere quelle nuove; dare contesto e valore ai Big Data e accumulare informazioni per potenziali nuove strategie di business future.
Una delle caratteristiche che identificano i Big Data è l’eterogeneità delle fonti da cui provengono. Fonti che, oggi più che mai, continuano a mutare. Una corretta gestione del dato parte da qui: dal monitoraggio delle fonti (dall’Internet of Things fino ai social network) e dall’attenta valutazione di nuove sorgenti di Big Data. Il flusso di dati in ingresso è una delle principali sfide: l’impresa deve costruire una “diga digitale” per far sì che l’enorme flusso di Big Data sia controllato e possa convogliare in modo intelligente in tutti i reparti dell’azienda. Avanzati strumenti di Big Data Management consentono all’impresa di incanalare i dati, gestire lo streaming ad alta velocità e padroneggiare il catalogo di informazioni in suo possesso. L’impresa non deve sentirsi travolta dai Big Data, ma deve anche essere conscia che vanno gestiti con cura e con strategia come ogni asset critico merita. Affinché quei dati siano utili, serve dare loro un contesto. I Big Data “grezzi” possono diventare informazioni costruttive solo se legittimati da una serie di parametri: da dove provengono, come possono essere usati e cosa significano in relazione ad altri dati, per esempio. A quel punto, il dato diventa informazione e conoscenza.
Non sempre i Big Data sono utili già nel breve termine. Dati che riguardano il GPS oppure l’uso di un dispositivo, per fare solo due esempi, possono sembrare “inutili” per l’attuale core business dell’impresa. Ma sarebbe un grave errore scartarli. Le imprese oggi devono riuscire a far crescere il loro “tesoro”, usando il Big Data management per unire dati strutturati e destrutturati, catalogando con intelligenza e una certa preveggenza tali dati affinché possano, in futuro, essere rapidamente disponibili. Un archivio di Big Data potrebbe essere sfruttato per espandere un’area di business oppure permettere all’azienda di inserirsi in un nuovo segmento commerciale partendo da solide informazioni sul mercato. La base di Big Data è l’asset critico sul quale far leva non soltanto oggi, ma anche domani. Gli strumenti di Intelligent Storage, supportati da algoritmi di Intelligenza Artificiale, sono fondamentali per avanzati modelli di data architecture per gestire correttamente il dato, proteggerlo e renderlo disponibile in modo agile e fluido.
L’adozione di massa dei Big Data vive la sua piena potenzialità solo se il dato è reso accessibile e fruibile da ogni reparto dell’impresa, dai commerciali e il marketing fino all’IT. Il Big Data Management, insomma, fa in modo che queste informazioni diventino parte integrante della cultura aziendale: più persone ne hanno accesso e più occasioni ci saranno per dare solidità a un’intuizione. In questo modo, le strategie data-driven rafforzano le potenzialità delle risorse umane. In tale contesto, assume sempre più valore la figura del Data Scientist: un esperto che sfrutta algoritmi di apprendimento automatico (machine learning) e avanzati strumenti di Data Visualization. Il dato grezzo viene analizzato e contestualizzato, generando informazioni e conoscenze che migliorano la performance aziendale. La ricerca di BCG “The Dividends of Digital Marketing Maturity” sul digital marketing ha rilevato che le aziende che hanno raggiunto l’eccellenza nel marketing spinto dai Big Data e dal machine learning hanno risparmiato fino al 30% sui costi e hanno aumentato i ricavi fino al 20%. È fondamentale, infine, che i Big Data siano mobili e non rilegati in un “silo”: devono essere sempre accessibili, in costante movimento e a disposizione di tutti i business aziendale.