Il concetto di Student Experience di solito si riferisce all’esperienza degli studenti universitari poiché, a differenza di quanto accade per gli allievi dei percorsi scolastici, il loro coinvolgimento durante il periodo accademico ha carattere totalizzante. Si tratta, appunto, di un’esperienza che comprende diversi aspetti: la didattica, l’accesso ai servizi, la vita della community, le attività di job placement e così via. Analogamente a quanto già avviene per altre tipologie di esperienza utente, Customer Experience in primis, oggi è possibile adottare tecnologie per migliorare la Student Experience, sino a farla diventare un fattore competitivo in grado di indirizzare la scelta verso un ateneo piuttosto che un altro. L’Application Performance Monitoring (APM) è una di queste tecnologie proprio per l’incidenza che può avere nel definire la qualità della User Experience in generale (come abbiamo avuto modo di sottolineare in passato), e quindi anche quella della Student Experience in particolare. Ecco perché le università non potranno più farne a meno.
Gartner definisce il mercato dell’Application Performance Monitoring and Observability come quello dei software che permettono l’osservazione e l’analisi della salute delle applicazioni e dell’esperienza utente. Calato nel contesto universitario, l’APM consente in sostanza di ottimizzare la Student Experience. Esistono, infatti, dei sistemi che permettono di raccogliere feedback sulla percezione che la popolazione studentesca ha nei confronti dell’offerta complessiva dell’ateneo che frequenta. Peccato che spesso i dati raccolti ai fini del rinvenimento di questo “sentiment” giungano tardivi, quando ormai un problema sull’infrastruttura IT o sulle applicazioni abbia compromesso il reperimento di informazioni, il buon esito di un esame o addirittura la possibilità stessa di partecipare alla propria sessione di laurea. E che non si tratti di un’ipotesi remota lo testimoniano i regolamenti che le varie università hanno dovuto adottare a causa della pandemia, specialmente per gestire lo svolgimento non in presenza delle normali attività didattiche.
La Sapienza di Roma, ad esempio, in una sua circolare sulle nuove procedure per gli esami scritti in modalità telematica, ha avuto modo di specificare che “gli studenti che avessero difficoltà tecniche o malfunzionamenti durante la prova dovranno farlo presente alla Commissione al fine di concordare una soluzione. In caso di problemi non risolvibili, lo studente si intenderà ritirato”. Nella circolare si dà per scontato che i problemi, soprattutto di connessione, possano dipendere esclusivamente dallo studente. In realtà potrebbero essere generati dall’indisponibilità, anche temporanea, dell’applicazione web dell’ateneo con il risultato, in ogni caso, di penalizzare l’utente finale. Va detto che la Student Experience non si esaurisce con gli esami che, fra l’altro, con l’arrivo del next normal è presumibile che tornino a essere effettuati fisicamente dinanzi alla commissione. Una Student Experience di valore si fonda perciò sulla garanzia che siano assicurati i 4 requisiti monitorati dall’APM: raggiungibilità, disponibilità, prestazioni e affidabilità.
Dall’iscrizione online a un esame fino alla prenotazione sul sito ufficiale del ricevimento da parte di un professore, l’ecosistema IT dell’ateneo deve essere in grado di supportare qualsiasi momento dello Student Journey. Non solo. Deve essere pronto ad adeguarsi a modelli di didattica “blended” in cui fisico e virtuale cooperano nel rendere più semplice il raggiungimento degli obiettivi dell’istituzione universitaria. L’Application Performance Monitoring, quindi, non servirà soltanto a evitare che un degrado delle prestazioni influisca sulla qualità della Student Experience, ma come stimolo al miglioramento continuo e all’innovazione. Il suo perimetro di pertinenza, infatti, tenderà ad ampliarsi su qualsiasi nuovo servizio digitale proposto, compresi laboratori basati sulla realtà virtuale e aumentata, potenziamento dell’offerta di lezioni in streaming oppure on-demand, incremento delle risorse attingibili online ecc. Tutto questo è possibile se l’analisi della salute delle applicazioni e dell’esperienza utente, per citare la definizione di Gartner, può contare su uno strumento affidabile e sicuro qual è, appunto, l’APM.