L’adozione di pratiche DevOps e l’implementazione di una software factory aziendale, supportate da competenze esterne specializzate, possono rappresentare due interessanti chiavi di volta per l’innovazione del mondo universitario.
La digitalizzazione sta investendo gli atenei (e più in generale il settore scolastico della formazione), offrendo nuove opportunità nell’ambito della gestione dei processi. Le applicazioni di nuova generazione stanno ridisegnando le modalità con cui vengono condotte le attività amministrative (si pensi, banalmente, all’introduzione degli sportelli di segreteria on-line) e sono erogati i servizi di formazione (ad esempio la possibilità di seguire i corsi da remoto).
L’emergenza Covid-19 ha accelerato lo slancio delle università verso i nuovi modelli operativi, dovendo potenziare la didattica a distanza, arricchire le funzionalità e le performance dei portali di segreteria, ridefinire l’organizzazione degli spazi fisici e degli accessi alle sedi. Il rapido adeguamento alle regole governative anti-pandemia sarà seguito dalla conseguente ristrutturazione organizzativa per definire il new normal.
Insomma, per le università (come per qualsiasi altra azienda pubblica e privata) si tratta di navigare a vista, cercando di ottenere adeguati livelli di flessibilità.
Le tecnologie IT e in particolare la disponibilità di un parco applicativo aperto all’innovazione, che permette uno sviluppo estremamente rapido e coerente con le esigenze del personale scolastico e degli studenti, sono le chiavi strategiche per l’università del futuro, resiliente e in grado di cavalcare la trasformazione digitale.
L’innovazione veloce e flessibile è l’obiettivo che guida l’adozione delle metodologie Agile e delle pratiche DevOps.
L’Agile è un modello organizzativo per il software development, che permette di suddividere le attività di sviluppo in cicli brevi (da una a quattro settimane) e iterativi, che terminano ciascuno con il rilascio di una miglioria dell’applicazione (ad esempio, l’aggiunta di una funzionalità o la correzione di un baco). Il lavoro è organizzato in piccoli team fortemente specializzati, che portano avanti le attività in parallelo. Così, a differenza degli approcci tradizionali, il progetto (la creazione di un applicativo ex-novo o la realizzazione di un intervento migliorativo) avanza per rilasci intermedi (testati e resi subito disponibili agli utenti), senza dovere attendere la release definitiva. Gli utilizzatori, quindi, beneficiano immediatamente delle modifiche apportate al software e offrono feedback preziosi che permettono agli sviluppatori di correggere eventuali errori e raddrizzare il tiro in corso d’opera. Inoltre, i software rilasciati sono allineati con le esigenze effettive di chi li utilizza: un applicativo che viene reso disponibile dopo mesi potrebbe non essere più adatto a soddisfare i requisiti espressi inizialmente.
Le pratiche DevOps, invece, si concentrano sulla creazione di una relazione virtuosa tra la squadra di developers e il personale addetto alle Operations, con l’intento di accelerare le tempistiche di rilascio e distribuzione del software. L’obiettivo, perseguito attraverso tecniche specifiche come la Continous Integration e la Continous Delivery, che permettono di automatizzare la distribuzione delle modifiche al codice in qualsiasi ambiente, permette di raggiungere ulteriori traguardi di flessibilità, in linea con le esigenze dell’università e dell’utenza.
La possibilità sia di accelerare i tempi di rilascio del software sia di creare un’interazione virtuosa tra gli attori coinvolti nel processo di sviluppo è oggi fondamentale per tutti gli istituti universitari, che sono impegnati nella competizione su scala internazionale e costretti a navigare a vista in funzione dell’andamento pandemico.
L’offerta di servizi digitali innovativi e la velocità con cui si rendono disponibili all’utenza non solo rappresentano una chiave di resilienza e ammodernamento, ma permettono agli atenei di essere più attrattivi nei confronti degli studenti di tutto il mondo. La didattica a distanza (ormai diventata una commodity) permette a chiunque di seguire le lezioni indipendentemente dalla localizzazione geografica, mettendo in concorrenza le università a livello planetario. Fornire rapidamente applicazioni di valore, a corollario della didattica remotizzata, è un plus competitivo non trascurabile.
Le metodologie Agile e le pratiche DevOps, insomma, rappresentano un punto fondamentale per la competitività e il futuro stesso delle università, proiettate nella costruzione del new normal e nell’implementazione delle tecnologie abilitanti.
Nei prossimi anni, gli atenei dovranno essere in grado di fornire le attività educative sia in presenza sia a distanza, potenziando i sistemi informativi dal punto di vista infrastrutturale (per supportare carichi di lavoro e utilizzi di risorse sempre più intensi) e in termini di innovazione applicativa (per adeguarsi alle nuove modalità di didattica e gestione burocratica). Restare al passo richiede un livello di flessibilità senza precedenti e muoversi verso lo sviluppo Agile e DevOps porta un beneficio altissimo.
Tuttavia, i nuovi approcci per la gestione del ciclo di vita del software richiedono competenze tecnologiche e metodologiche difficilmente reperibili all’interno delle università. Le pratiche Agile e in particolare DevOps obbligano, inoltre, a un cambiamento culturale non banale. Si tratta, infatti, di concepire un modo totalmente nuovo di organizzare il lavoro, collaborare e relazionarsi: al tavolo siedono gruppi interdisciplinari e l’interazione tra sviluppatori, addetti alle Operations e utilizzatori è fondamentale.
Implementare una software factory all’interno dell’università, per accorciare le distanze tra i diversi attori, quindi essere più reattivi di fronte al cambiamento e ricettivi nei confronti delle esigenze, è sicuramente un approccio vincente. Tuttavia, non è un’operazione scontata proprio perché richiede competenze ad hoc.
Affidarsi a un partner specializzato sui temi Agile e DevOps, inserendolo all’interno delle strutture e dell’organizzazione aziendale, può essere una valida alternativa. Il team di professionisti esterni può così portare tutti gli skill necessari alla software factory, con il vantaggio di apprendere direttamente dall’interno le dinamiche specifiche dell’università e declinare i processi di software lifecycle management in base al contesto.
L’adozione delle pratiche DevOps e il contributo di una software factory così concepita possono rappresentare un acceleratore importante e reale per l’università del futuro, resiliente e innovativa.