L’application monitoring oggi è fondamentale, soprattutto alla luce di una crescente complessità degli ambienti e del parco applicativo da monitorare. Pur non rappresentando l’unica categoria di monitoring, che può concentrarsi anche su reti e infrastruttura, di certo è quella che influenza maggiormente la user experience. Il livello delle prestazioni, infatti, ha ricadute sull’azienda sia direttamente sia indirettamente. Direttamente, perché se un’applicazione non funziona in maniera corretta, può peggiorare la customer experience, fino a provocare la perdita del cliente. Indirettamente, giacché il ritardo nell’identificazione di una criticità aumenta i costi di gestione e l’impegno del personale IT. Per queste ragioni il ricorso agli strumenti di application monitoring è strettamente connesso al business, in quanto contribuisce a ottimizzare i processi, a rendere l’IT più efficiente, a generare un solido customer engagement unito, ovviamente, a un significativo cost saving. Tutti benefici che ne stanno guidando un’adozione sempre più sostenuta da parte delle organizzazioni, come abbiamo avuto occasione di sottolineare in precedenza.
Per comprendere nel dettaglio l’impatto che un mancato application monitoring ha sul business aziendale, si può considerare una delle dimensioni funzionali in cui Gartner suddivide i sistemi APM (Application Performance Management), cioè il digital experience monitoring. Il DEM si focalizza sul monitoraggio di tutto quello che determina la soddisfazione dei clienti quando utilizzano i servizi erogati dall’azienda. In questo caso, l’application monitoring consente di scoprire eventuali vulnerabilità che sono all’origine di discontinuità, downtime o interruzioni nell’esperienza utente. Classici esempi sono il tempo di caricamento rallentato delle pagine Web, le mobile app che vanno spesso in crash o i dispositivi IoT come gli wearable device che presentano difficoltà nello scambio dei dati. A un cliente finale non interessa che le applicazioni siano cloud native o di tipo tradizionale. Si aspetta qualità e coerenza lungo tutto il suo customer journey, mentre questi disservizi incrinano la sua fiducia nei confronti del brand, la cui reputation rischia così di uscirne compromessa.
L’application monitoring di cui sopra registra tutte le interazioni dei clienti con l’applicazione esistente e si colloca nell’ambito del real user monitoring (RUM), offrendo ai team DevOps gli elementi essenziali per porre rimedio velocemente ai problemi nel momento in cui vengono riscontrati. Tuttavia, oltre a mitigare le conseguenze di un malfunzionamento applicativo, il vantaggio dell’application monitoring è che può essere implementato anche prima del rilascio di un’applicazione grazie al synthetic transaction monitoring (STM). Quest’ultimo si avvale di script comportamentali per ricreare le azioni dei potenziali utenti, risolvendo i bug e i rischi di performance non ottimali già in fase di testing. La corretta misurazione delle prestazioni durante lo sviluppo dell’applicazione riduce drasticamente l’effort e i tempi che occorrono in produzione. Il che corrisponde a un aiuto per l’IT Operation che non solo può concentrarsi su questioni a maggior valore, ma può far coincidere l’attività di verifica dei requisiti tecnico-funzionali con le esigenze del business.
Il panorama dei vendor di soluzioni per l’application monitoring è variegato. Gartner, per esempio, nel suo Magic Quadrant dedicato ai tool APM ne elenca alcuni che, però, non esauriscono le possibilità offerte dal mercato. Affinché, perciò, la scelta possa ricadere su quello o quelli più in linea con il reale fabbisogno dell’azienda, è opportuno rivolgersi a un partner che la affianchi lungo il processo decisionale. In questo modo la selezione avverrà dopo un accurato assessment che accompagni l’organizzazione nel selezionare il prodotto open source o di classe enterprise che meglio si sposa con la situazione specifica di partenza e con gli obiettivi di visibilità che si intendono raggiungere. L’application monitoring, infatti, può essere aggiunto a quello infrastrutturale e dotare l’IT di un’unica piattaforma di controllo, può prevedere o meno degli agent-push o, ancora, per quanti dispongono di applicazioni cloud native, può trovare nella metodologia AIOps (Artificial Intelligence for IT Operations) la risposta migliore. L’importante è che sia agganciato saldamente al business dell’impresa.